LA PRIMA VIRTU’ CAPITALE. Spavaldi o Prudenti? Nono consiglio.
È la prima delle virtù capitali e dispone la ragione pratica per poter discernere in ogni momento della vita il nostro bene e a trovare strumenti e modalità per poterlo compiere. Quando iniziamo a praticare, per ognuno di noi ci sono delle esperienze differenti, siamo tutti diversi con vissuti individuali, però ci sono dei “sub-strati” comuni.
Praticando aumenta l’efficienza corporea, migliora la salute, la prestanza fisica la forza e la lucidità mentale, tutto in noi funziona meglio. Eccolo…arriva “l’ego” che ci dice: vai vai… aumenta, intensifica, stai diventando sempre meglio! Questo atteggiamento è pericoloso e non fruttuoso, siamo comandati e gestiti dall’ego, e diventiamo spavaldi correndo molti rischi. Il consiglio è di essere prudenti, progredendo lentamente e con stabilità.
Ci sono delle nostre naturali caratteristiche che devono essere rispettate, i limiti devono essere negoziati spostandoli non superandoli, non esiste la pillola dello yoga, non esiste il “jet yoga”, abbiamo una vita intera indipendentemente dall’età in cui ci troviamo, all’interno di questa vita intera realizziamo il progetto della nostra pratica considerando che non finirà mai, quindi non serve correre anticipare i tempi o bruciare le tappe, perché questo spesso ci riporta indietro.
L’ OMEGA D’ORO. Strutturare l’allenamento. Decimo consiglio.
“Avevo 20 anni quando iniziai la pratica, mi ritiravo nella soffitta della casa dove vivevo con i miei genitori per delle ore intere. Il mio tappetino, mattone di legno, una cintura odorante di cuoio, un grande specchio verticale, qualche coperta, il telo asciugamano e il mio orologio regalatomi se ricordo bene in occasione della maturità: un omega a lancette con quadrante bianco e contorni dorati. Avevo bisogno di strutture, regole e confini che subito trovai nel rapporto tra le asana e il loro tempo di tenuta. Quando andavo a lezione tenevamo le posture molto a lungo, e poi nella pratica a casa si praticava con gli stessi tempi in paschimottanasana ed adho mukha svanasana era normale rimanerci 10 minuti, janu sirsasana 5 minuti per lato, andavo sulla testa e prima posizionavo l’omega in modo tale da poterlo vedere da capovolto e anche in sirsasana ci rimanevo per 10/15 minuti, savargasana con l’omega da qualche parte a portata di mano, controllavo che per ogni variante fosse passato lo stesso tempo.”
Rimanere per un tempo calcolato in un’asana è ciò che serve per andare in profondità ed ottenerne i benefici!
Resistenza e determinazione vengono allenate con una struttura che tenga a bada il tempo, è un grande aiuto e supporto al praticante per disciplinare il fluttuare della mente, perché la mente fluttua di più in un tempo che passa senza un controllo.
“Ora dopo molti anni non l’ho più l’omega, a volte uso qualcosa per controllare, ma è importante anche imparare a sentire nel proprio corpo il raggiungimento del tempo giusto.”